Pupi Avati, intervistato da Il Giornale, parla di Un matrimonio, la miniserie che andrà in onda il prossimo autunno su Raiuno:
Il matrimonio è quello di coloro la cui storia matrimoniale s’è intrecciata con quella del nostro Paese. Una coppia – Flavio Parenti e Micaela Ramazzotti; lui democristiano, lei figlia d’un comunista – raccontati dai 20 ai 70 anni. Con le gioie, gli affanni, i dolori, le consolazioni; con i genitori, gli zii, i figli, i nipoti; ma anche con (attorno e attraverso), il dopoguerra, il miracolo economico, il terrorismo, la strage di Bologna, il rapimento Moro. Un affresco sul soggetto – in fondo – più controcorrente che si possa immaginare.
Il regista definisce la fiction “un film lungo 600 minuti“.
Esattamente. Chi altri, se non la tivù, ti dà la possibilità di raccontare quattro film in uno? Mai, in 44 di carriera, avevo potuto accompagnare con una tale, quotidiana intensità, la vita dei miei personaggi. Li ho visti conoscersi, amarsi, tradirsi, riconciliarsi. Vivere. E alla fine delle riprese, se in un film normale il distacco dalle proprie creature è sempre un piccolo trauma, in questo è stato addirittura uno shock.