La ricetta è facilissima da preparare: prendete una coppia di coniugi affiatati tre figli piccoli due suocere invadenti un pastore San Bernardo, shakerate il tutto per una ventina di episodi e il gioco è fatto. Successo assicurato. Il riscontro del pubblico ne è la prova: anche la seconda stagione di Ho sposato uno sbirro (del 2010 e ora in replica su Rai Uno) premia la famiglia all’italiana.
I nostri canali tv l’hanno capito: per sbancare i botteghini degli ascolti, le fiction devono spalancare l’obiettivo sugli italiani e zoomare dritto ai loro salotti, agli ambienti intimi e dolcemente imperfetti della loro quotidianità, ai problemi che giornalmente ne arrovellano le dinamiche e gli equilibri; devono ritagliare primi piani alla fragilità e alla forza dei sentimenti che da sempre ne caratterizzano la cultura, per dipingere l’immagine canonica della famiglia tradizionale a cui tanto sono affezionati.
E’ proprio la routine senza effetti speciali né trucchi, genuina e autentica, infatti, a garantire la notorietà alla fortunata coppia Diego–Stella (Flavio Insinna–Christiane Filangieri), gli innamorati protagonisti della serie tv Ho sposato uno sbirro: lui è un marito normalissimo, né modello né supereroe; lei una moglie semplicemente incasinata tra lavoro, casa e passeggini. In scena le indagini svolte al commissariato (lui commissario, lei ispettore) e l’esperienza matrimoniale, tra intricati fatti di nera da risolvere e pannolini da cambiare, colleghi e tate, litigi e riappacificazioni.
L’Italia che sceglie le commedie familiari è quella che riconosce come fondamentali gli affetti dei propri cari, quella che non potrebbe vivere senza e che li nomina valore assoluto. Perché nella vita di tutti i giorni, di tutti noi, la famiglia si fa rifugio sicuro contro le minacce che colpiscono la contemporaneità e che proprio la fiction non manca di mostrare, finendo immancabilmente per risolvere il male in bene. Diverse le inclinazioni assunte dalla famiglia oggi, ma il modello proposto dai coniugi Santamaria sembra intramontabile.